Da oggi 1300 nuove piante nel Parco Nazionale del Vesuvio. Un intervento sperimentale per riparare i devastanti incendi del 2017.

L'iniziativa è uno dei dieci progetti Misura con i quali sono stati piantate 13.400 piante in tutta Italia.

Ottaviano, 19 novembre 2021 – Lecci, frassini, roverelle, corbezzoli: ben 1300 nuove piante per “Gli alberi del vulcano”, il progetto realizzato dall'Ente Parco nazionale del Vesuvio, grazie al sostegno di Misura. Si tratta del primo intervento realizzato per riparare il territorio devastato dagli incendi del 2017: una forestazione sperimentale e innovativa che andrà a ricostituire il bosco in modo naturale, così come avviene quando una foresta nasce spontaneamente.

Oggi il Parco Nazionale del Vesuvio e Misura, alla vigilia della Festa dell’Albero 2021 hanno organizzato una giornata per mettere a dimora le ultime piante con i ragazzi delle scuole del parco. Il progetto, iniziato lo scorso anno, rientra tra le attività di gestione forestale sostenibile che l’Ente Parco ha messo in campo in collaborazione con il Dipartimento di Agraria dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II ed è uno dei 10 progetti di forestazione di “A Misura di Verde”, l’iniziativa green di Misura che ha riforestato dieci diverse aree del nostro Paese, mettendo a dimora in totale 13.400 piante in dieci zone particolarmente vulnerabili d'Italia.

“Siamo molto orgogliosi di aver contribuito alla tutela di un'area così straordinaria e conosciuta come il Parco del Vesuvio, uno dei luoghi-simbolo del Sud e del nostro Paese – dichiara Massimo Crippa, direttore commerciale del Gruppo Colussi. La nostra scelta verso la sostenibilità è convinta e sta coinvolgendo tutta la nostra filiera produttiva: dal packaging compostabile, alle rinnovabili, alla scelta di materie prime. Anche per i nostri progetti di forestazione, abbiamo privilegiato quelli che garantissero rigore scientifico durabilità nel tempo, di adattamento alle condizioni climatiche che cambiano, di vicinanza ai centri urbani e quindi alle esigenze dei cittadini. Come azienda e storico marchio dell'healthy food sentiamo la responsabilità di aiutare la ripartenza e fare la nostra parte.”.

“Oggi siamo particolarmente soddisfatti di completare il primo intervento di rinaturalizzazione delle aree del Parco Nazionale del Vesuvio colpite dagli incendi del 2017. – dichiara Agostino Casillo, presidente dell’Ente Parco – Si tratta del primo di una lunga serie di progetti di recupero ambientale, previsti dal Grande Progetto Vesuvio, che comprende anche gli interventi di bonifica e di rifunzionalizzazione dei sentieri e delle green way del parco. Questo progetto nasce da una bella sinergia pubblico-privato, un esempio virtuoso, anche in ottica di mitigazione dei cambiamenti climatici. Inoltre, data l’accessibilità del sito attraverso il sentiero n.4 del Parco, immaginiamo diventi anche un laboratorio a cielo aperto, soprattuto per le scuole del territorio, per mostrare in maniera concreta l’innovativa tecnica di rinaturalizzazione che stiamo utilizzando”

“Il progetto ha anche un carattere sperimentale – spiega il direttore del Parco Nazionale, Stefano Donati – perché vede la prima applicazione del metodo che abbiamo sviluppato insieme alla Facoltà di Agraria dell’Università Federico II, per accelerare la ripresa vegetativa delle aree incendiate, senza commettere gli errori del passato. Alle pinete, composte da alberi non autoctoni, sostituiremo aree di bosco e boscaglia, utilizzando specie endemiche e resilienti agli incendi, come i lecci, con un cocktail di essenze mese a dimora con una disposizione casuale che, imitando la natura, produrrà anche una maggiore biodiversità. “

Il progetto “Gli alberi del Vulcano”. Scheda tecnica

L’Ente Parco, nell’ambito della pianificazione di interventi forestali di bonifica e recupero delle aree percorse dal fuoco previsti nel “Grande Progetto Vesuvio”, ha avviato, in collaborazione con Misura e d’intesa con il Reparto Carabinieri Biodiversità di Caserta, il primo intervento sperimentale di restauro ambientale nel Parco Nazionale del Vesuvio, all’interno della Riserva Forestale di Protezione “Tirone – Alto Vesuvio”, gravemente colpita dal recente incendio del 2017.
Sulla base dello studio della severità degli incendi effettuato dal Dipartimento di Agraria dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, è stata definita una metodologia per realizzare interventi di restauro forestale all’interno dell’area protetta, con l’obiettivo di accelerare i processi naturali di ricostituzione delle associazioni vegetali preesistenti al passaggio del fuoco, e di ridurre l’invasività delle specie aliene, quali la robinia, che dopo gli incendi boschivi 2017 si è manifestata in tutta la sua invasività.

I 7 nuclei di restauro forestale previsti dal Progetto sono realizzati utilizzando un mix di vegetazione simile a quello che accade in condizioni naturali, con alberi e arbusti di diverse specie (lecci, roverelle, arbusti tipici della flora del luogo), messi a dimora in maniera casuale, tenendo conto delle dinamiche ecologiche naturali, delle fasce altimetriche e delle esposizioni prevalenti.
I nuclei, distribuiti spazialmente in modo irregolare, saranno curati costantemente per i tre anni successivi all’impianto, in modo da garantire il successo dell’intervento, sostituendo le piante che non dovessero attecchire (“fallanze”); è prevista la piantumazione di un totale di 1512 piante, comprese le eventuali nei tre anni successivi).

Obiettivo finale è la formazione di un bosco misto, a prevalenza di latifoglie autoctone, che possa offrire, proprio grazie alla diversità di specie arboree, migliori condizioni di resistenza agli incendi, rifuggendo dalle logiche dei rimboschimenti del passato, incentrati sulla monocultura e su ampie zone, preferendo interventi localizzati nel rispetto delle dinamiche ecologiche dei soprassuoli naturali.

I vantaggi di questo intervento possono essere così schematizzati:

  • protezione del suolo e riduzione dell’erosione diffusa da ruscellamento;
  • riduzione dell’invasività della robinia;
  • miglioramento delle condizioni di umidità negli orizzonti superficiali del suolo;
  • innesco di processi microbiologici del suolo e formazione di micorrize;
  • riuso di uno scarto altrimenti destinato a discarica.
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